Nella partita Inter-Reggina 3-0, ritorno degli ottavi di Coppa Italia, che si è giocata ieri, Roberto Mancini ha fatto esordire nell’Inter altri 4 ragazzi della primavera: Enrico Alfonso, Luca Siligardi, Marco Filippini e Filippo Mancini.
Si proprio lui, Filippo Mancini, il figlio del tecnico dell’Inter, ha finalmente debuttato in prima squadra a 17 anni, un anno dopo il padre, che esordi invece a 16 in serie A nel Bologna.
In tanti si domandano se sia stato fatto esordire solo perché figlio di Roberto Mancini, se non ci fossero altri giovani della primavera più meritevoli di lui. In tanti, insomma, pensano sia un raccomandato.
La stessa cosa successe quando Carlo Ancelotti fece esordire nel Milan suo figlio Davide, non in una gara ufficiale, ma facendogli giocare 2 minuti in n’amichevole estiva con la Dinamo Kiev.
Esistono quindi i raccomandati anche nel calcio? Probabilmente no. Infatti nel calcio, puoi avere dei vantaggi ad essere figlio d’arte in termini di corsie preferenziali ed esordi in prima squadra in giovane età, ma se poi non dimostri sul campo il tuo valore, se manca il talento, di strada ne farai davvero poca. Anzi quel cognome che aveva aiutato agli esordi diventerà un macigno insopportabile.
Basti pensare a Daniele Conti, figlio del grande Bruno, che pur di non sentirsi soffocato dal confronto col padre, si è trasferito al Cagliari da parecchi anni.
Non tutti d’altronde sono come Paolo Maldini, figlio d’arte del ct Cesare, che è riuscito non solo a dimostrare il suo valore, ma addirittura a fare meglio del padre.
Insomma non basta solo il cognome per sfondare nel calcio, bisogna dimostrare di esserne all’altezza!