Con lui il Fulham ha ottenuto il miglior risultato della sua storia. «Sì è stata una buona stagione, per i giocatori, per il club e anche per me».
Roy Hodgson è diventato profeta in patria a quasi 62 anni (il 9 agosto): sulla panchina del Fulham dal dicembre del 2007, il gentleman di Croydon, amante dei buoni sigari, delle buone letture e del buon vino, ha portato il club di Mohamed Al Fayed al miglior piazzamento in 130 anni di storia: il settimo posto che vale lo sbarco in Europa. Roy è un ottimo allenatore a cui è toccato in sorte di ricevere meno attestati di stima di quelli che merita. Ha ottenuto risultati ovunque è stato. Mastica calcio da 34 anni, parla 6 lingue.
«Ma il mio italiano non è così buono come un tempo».
Non c’è male. Allora, come ha lavorato con il Fulham?
«Come sempre, seguendo il mio credo. Organizzazione sul campo, ma con giocatori di qualità».
Il Manchester United ha perso la finale di Champions League, ma con tre squadre in semifinale il dominio inglese è stato evidente.
«Secondo me in Inghilterra ci sono più soldi e si possono acquistare i giocatori migliori, di qualità. E poi ogni partita, da noi, è difficile, quando tu nel tuo campionato sei abituato a lottare, sei meglio preparato per l’Europa».
Una volta questo si diceva del campionato italiano.
«Io penso che in Italia, una squadra come il Newcastle che ha uno stadio da 55 mila spettatori e che ne fa di media 52 mila, che ha vinto dei titoli di Premier League, non possa retrocedere. Un fatto mostruoso. Qui da noi, a parte le quattro big, nessuno può dirsi sicuro».
Il proprietario della sua squadra, Mohamed Al Fayed, non ha investito come gli altri ricconi tipo Abramovich.
«Non è vero. Senza di lui non saremmo qua. Dodici anni fa la squadra era in terza divisione, l’anno prossimo sarà il decimo in Premier League. Adesso è prudente, ma prima ha investito tanto».
Craven Cottage, il vostro stadio, è molto affascinante.
«C’è clima, calore, charme, ma noi e il Portsmouth abbiamo i due impianti più vecchi della Premier. Non abbiamo gli spogliatoi di Old Trafford o le curve di Anfield. Tutti gli altri stadi inglesi sono bellissimi».
E tutti pieni.
«In Inghilterra è difficile non vedere uno stadio pieno, anche quelli come Hull che non sono grandi».
E il pubblico si comporta bene.
«Sì, abbastanza bene. È corretto. La FA ha fatto sforzi e campagne per educare al fair play e al rispetto, specialmente per gli arbitri. Con buoni risultati».
Com’è il rapporto con la moviola?
«La utilizziamo come in Italia per discutere le decisioni arbitrali, ma da noi c’è più comprensione per i direttori di gara. Per me, ad esempio, la faccenda va rovesciata».
In che senso?
«Nel senso che io sono sorpreso non dei loro errori, ma di certe decisioni corrette prese nel giro di pochi secondi. Un’impresa, specialmente con la velocità del gioco attuale».
Il suo giudizio sulla Premier League?
«Complimenti al Manchester United per il suo terzo titolo di seguito. Non è stata una stagione facile per la resistenza del Liverpool e del Chelsea. E l’Arsenal, nel finale, ha fatto una serie incredibile di risultati. Qui da noi la battaglia è stata dura e difficile».
Non come in Italia, eh?
«L’Inter è stata fantastica. Mi fa piacere soprattutto per il presidente Moratti che ha costruito una squadra in grado di dominare il calcio italiano e che vince con classe e con ampio margine. Sta raccogliendo le stesse soddisfazioni di suo padre negli anni 60».
Insomma, quasi. In Champions l’Inter arranca.
«Guardi, sono sicuro che l’anno prossimo la ritroveremo in finale di Champions League».
Di Mourinho che dice?
«Ha fatto un buon lavoro perché, anche se possiedi una grande squadra non è mai scontato e facile vincere uno scudetto».
Sa che da noi è diventato un santone? Le sue frasi finiranno nei cioccolatini, tra breve.
«Ah, ma anche in Inghilterra gode di grandissima popolarità. Del resto lui ha vinto in Premier League e in Serie A. Sono due dei quattro campionati più importanti d’Europa. Non è facile questo».
Chi porterebbe via all’Inter per il suo Fulham?
«Ibrahimovic, naturalmente. Javier Zanetti è un giocatore che era bravo già 14 anni fa quando c’ero io. Cambiasso è indispensabile. Ma un attaccante è quello che fa la differenza».
Grande Hodgson! Ma ve lo ricordate a Mai Dire Gol a lezione di inglese da Mister Flanagan (Giacomo di Aldo Giovanni e Giacomo)? Pezzi di storia della tv…
Si mi ricordo. Eccezionale quando Mr Flanagan gli chiedeva: Mr Hodgson, what’s your job? E Hodgson rispondeva: my job? I don’t know!