Sabato 19 maggio 2012 fra qualche tempo sarà una data che ai più non ricorderà molto. Ma rimarrà sicuramente impressa nei cuori di tutti i tifosi del Chelsea, che al termine di una partita che non può esimersi dall’essere definita drammatica, ha alzato al cielo la sua prima storica Champions League.
E’ stato un trionfo totalmente inaspettato e assolutamente impronosticabile, soprattutto dopo che, all’indomani dell’ennesima sconfitta in campionato patita contro il modesto West Bromwich, solo una settimana dopo il 3 a 1 subito contro il Napoli nell’andata degli ottavi di finale della massima competizione continentale, l’allenatore Villas Boas, arrivato con i migliori sponsor e pagato ben 15 milioni di euro viene esonerato.
Quella che di fatto è una squadra in caduta libera, e in totale confusione viene affidata all’allenatore in seconda Roberto Di Matteo, che ha il compito portare a termine nella maniera più dignitosa possibile, una stagione fino a quel momento fallimentare.
Ma il tecnico italo-svizzero, una volta preso il comando, rivolta letteralmente la squadra.
La svolta avviene sostanzialmente tramite tre mosse: recupero dei senatori, cambio di modulo e rinuncia alla ricerca spasmodica del gioco.
I Blues mettono in campo tutto quello che hanno nel ritorno contro il Napoli a Stamford Bridge, e passano il turno al termine di una partita epica da 120 minuti.
Da lì, il Chelsea inizia a ritrovare solidità, vittorie e continuità anche in campionato, anche se il gruppo delle prime è ormai irraggiungibile.
Arrivano i quarti di finale di Champions, dove gli uomini di Di Matteo liquidano dopo 180 minuti non esattamente esaltanti, un Benfica voglioso ma nettamente inferiore.
La semifinale oppone il Chelsea al Barcellona, e l’esito sembra segnato. Ma già dall’andata, terminata 1 a 0 si intravede qualcosa di diverso, non dalla partita in sè, dominata in lungo e in largo dai Blaugrana, ma dal cuore, dalla rabbia unita alla concentrazione e a una buona dose di fortuna che permettono ai padroni di casa di portare a casa la vittoria.
Nel ritorno del Camp Nou, accade l’imponderabile. I Blues sotto 2 a 0 e in dieci per l’espulsione del capitano Terry, non si disuniscono e chiudono la partita addirittura sul 2 a 2, con una prodezza di Ramires e la rete del redivivo Torres.
L’impresa è completata, ma l’atto finale sembra ancora più difficile. Il Chelsea deve giocarsi la finale contro il Bayern, nella loro tana e con la squadra praticamente dimezzata da infortuni e squalifiche. Eppure, sotto 1 a 0 a 2 minuti dalla fine, dopo una match sofferto trascorso a contenere i funamboli bavaresi, l’uomo delle grandi occasioni, Didier Drogba, con un perentorio stacco di testa manda la partita ai supplementari.
Robben spreca un penality al 94′, Olic va vicinissimo alla rete a una manciata di minuti dal termine, e si va ai rigori.
E’ un amarcord crudele e perfetto della finale di Mosca del 2008, e i più sinistri presagi sembrano concretizzarsi quando Mata sbaglia il primo dei 5 tiri d’ordinanza.
Poi però la freddezza dei successivi rigoristi e gli errori bavaresi di Olic e Schweinsteiger, mandano ancora lui, Drogba, a 11 metri dal sogno.
Il bomber ivoriano trasforma e il Chelsea sale sul tetto d’Europa.
Alzi la mano chi avrebbe immaginato un epilogo del genere, con la Coppa Dalle Grandi Orecchie che vola a Londra, in un cielo decisamente “Blue”.