7 a 0, è questo l’”aggregate” della doppia sfida tra Bayern Monaco e Barcellona. Già, lo stesso Barcellona che fino a qualche settimana fa era considerata la squadra perfetta, un team di extraterrestri capace di vincere tutto, divertendosi e facendo divertire. Eppure sembra impensabile che Messi & Co non siano stati in grado di segnare, nemmeno al Camp Nou, una sola rete all’armata bavarese. Insomma i catalani sono apparsi inermi, in balia dello strapotere dei tedeschi.
Questa semifinale di Champions League, quindi, è stata un vero e proprio passaggio di testimone, un’investitura da parte di coloro che hanno dominato il calcio europeo negli ultimi 5 anni, a chi, grazie ad una scrupolosa organizzazione, ha saputo costruire qualcosa di importante.
Infatti il Bayern, e in generale il calcio tedesco, non ha mai beneficiato di calciatori dai nomi altisonanti, causa lo scarso appeal della Bundesliga, che sapessero garantire un apporto tecnico tale da tenere testa alle altre big d’Europa. Ma adesso questo trend pare stia cambiando: basti pensare alla scelta fatta da Pep Guardiola, colui che ha vinto tutto sulla panchina del Barcellona ed è forse l’allenatore più corteggiato dai club più importanti. Lo spagnolo ha scelto di sposare il progetto bavarese (da luglio 2013) preferendolo rispetto al contratto sfarzoso offertogli dal Chelsea di Abramovich. D’altronde il Bayern negli ultimi tre anni è arrivata in finale di Champions League per ben due volte senza mai alzare il trofeo (battuta dall’Inter nel 2010 e dal Chelsea lo scorso anno).
Nell’altra semifinale è stata ancora una squadra tedesca, il Borussia Dortmund, ad aver avuto il controllo dei due match, conquistando per la seconda volta nella sua storia la finale della vecchia Coppa Campioni (la prima volta ne uscì vincitrice battendo la Juventus nel 1997). Ad avere la peggio è stato il Real Madrid di Mourinho che a Dortmund ha capitolato per 4 a 1, mentre tra le mura casalinghe non è riuscita a ribaltare il risultato, non andando oltre il 2 a 0.
Questa crescita esponenziale dei tedeschi la si deve soprattutto a Jurgen Klopp, arrivato nel 2008, quando il Borussia era sparito dai radar del calcio europeo (finì al tredicesimo posto della Bundesliga nella stagione 2007/2008). Il giovane allenatore ha saputo dare un’impronta ben precisa alla squadra, giocando palla a terra, con passaggi veloci e tocchi di prima. Insomma Klopp è un vero è proprio professore del calcio, basti pensare che è diventato famoso lavorando per tre anni per una televisione tedesca, in cui il suo ruolo era quello di “spiegare il calcio”.
Insomma, adesso è arrivato il momento della Germania che fino ad ora era stata ai margini del calcio che conta a guardare i successi delle altre big d’Europa; ora i tedeschi, forti dei grandi investimenti fatti per il mondiale del 2006, sono pronti a sedersi sul trono ed a impugnare lo scettro, sottolineando così anche una superiorità economica oltre che calcistica. Infatti non è un caso che, proprio in un momento di crisi economica italiana, la Germania abbia superato l’Italia nel ranking Uefa, guadagnando un posto in più (ai nostri danni) per le competizioni europee. L’Italia, invece, può solo vivere nei ricordi: sembrano lontane anniluce l’Inter del triplete e la finale tutta italiana di Manchester (2003); ancora più remoti sono i successi europei di Milan e Juventus negli anni ’90, anni in cui il nostro calcio sembrava non conoscere rivali.